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02/12/2021

Giovani Medici Anaao: chiediamo un contratto che tenga conto del tempo

Il documento finale del Direttivo Nazionale e Coordinamento Responsabili Regionali Settore Anaao Giovani - 25 novembre 2021

Anaao Giovani esprime profondo dissenso e grande preoccupazione per la proposta di suddivisione dei fondi europei oggi in discussione.
I 2 miliardi complessivi di aumento del fondo sanitario nazionale non sono sufficienti neanche a completare l’iter di stabilizzazione dei medici che sono stati impegnati nella pandemia e finanziare i nuovi contratti (già scaduti).
Non bastano le briciole proposte dalla legge di bilancio iniqua e insufficiente, non bastano le briciole di una indennità di rischio peraltro ipertassata, non basta un’iniezione economica minimale e aprogrammatica. Occorre mutare il paradigma del lavoro.

Quello che i giovani dirigenti medici chiedono è TEMPO.
Quel tempo che la sindemia ha sottratto alle famiglie, alle persone, quel tempo che oggi viene dedicato interamente alle cure, quel tempo che mai come oggi diventa impagabile e insostituibile.
L’unico strumento a disposizione che abbiamo, oltre la legge di bilancio che contiene la suddivisione dei fondi del PNNR e che deve fornire una boccata d’ossigeno economico al sistema diversa dalle bolle di Co2 proposte, è il CONTRATTO.
Un nuovo contratto è urgente e deve risolvere nodi per troppo tempo lasciati in sospeso.
Non è accettabile ricevere offese economiche oltre che professionali, con reperibilità retribuite 1 euro/ora, non è accettabile lavorare in assenza di sicurezza personale e professionale, senza avere tempo per vivere, ma solo per sopravvivere.
È tempo di concretizzare la solidarietà e l’ammirazione dimostrata con effigi e gratitudine verso i medici e il personale sanitario durante uno dei momenti più bui della nostra epoca.
Depenalizzazione dell’atto medico, legge sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, detassazione degli emolumenti (come peraltro già avvenuto per altre categorie di lavoratori), stipendi dignitosi, possibilità di crescita professionale: sono tutte richieste legittime, che in qualsiasi altro Paese del mondo, costituiscono i principi su cui si basa il lavoro e solo in Italia diventano diritti da chiedere e per cui lottare.
Non possiamo stupirci della carenza vocazionale di questa splendida professione se la stessa è costantemente denigrata e vituperata.
Occorrono investimenti non solo quantitativi ma qualitativi, occorre recuperare quel sentimento di rispetto profondo verso chi ogni giorno ha tra le mani la vita, il bene più prezioso.
Il compito appare arduo dopo decenni in cui abbiamo assistito alla mercificazione della professione e dei professionisti, ridotti a semplici ‘operai’ della salute, ma non è mai troppo tardi. O almeno non lo è ancora.
Continuando con questo modus operandi ci ritroveremo tra pochi anni a dover scegliere chi curare, non in base alla gravità della patologia, ma solo in rapporto al conto in banca, o alla Regione di origine.
Quella sanità discriminante e anticostituzionale che tanto abbiamo sbeffeggiato e condannato, la stiamo costruendo in casa.
Questo è il momento delle scelte coraggiose e illuminate, e non possiamo restare silenziosi di fronte a una preoccupante assenza di programmazione e razionalizzazione delle risorse.
Chiediamo con forza che vengano convocati gli stati generali della sanità al fine di individuare celermente le reali esigenze del territorio, ma con chi il territorio lo vive ogni giorno e non con chi lo racconta.
Chiediamo che una quota parte maggiore del PNRR venga destinata alla sanità o che in alternativa possa essere utilizzato parte di quel MES, forse troppo celermente bocciato perché inutile.
Nel 2024, secondo le stime del mistero del Tesoro, la quota percentuale per la sanità rispetto al PIL sarà del 6,3%, ovvero inferiore a quella destinata alla stessa nel 2019. Il tutto a dispetto di una quota media europea del 7%. Continuiamo a spendere poco e male per la salute del cittadino.
Siamo stati eroi per qualche mese, ma restiamo medici per sempre.

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